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Alla fine la montagna ha partorito un topolino. Almeno questo è quanto pensano le decine di categorie che, dopo l’approvazione dell’ultimo decreto “Sostegni”, hanno prolungato ad oltranza la loro protesta, talvolta con episodi di violenza sotto ai palazzi romani del potere. Il primo pacchetto di aiuti varato dall’esecutivo Draghi per lenire le sofferenze di questa ennesima fase di restrizioni dettate dal Covid ha diviso la critica, come sempre, tra soddisfatti e non. Lo scorso 19 marzo il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera alle nuove misure e l’evento è valso addirittura la prima conferenza stampa per il nuovo Premier, accompagnato dai ministri dell’economia e del lavoro, Franco e Orlando. “Abbiamo fatto il possibile” – aveva commentato in quell’occasione Draghi, a margine dell’enunciazione delle misure per aiutare imprese e famiglie. “È un momento in cui i soldi non bisogna chiederli, bisogna darli”.

Infatti il perno centrale del nuovo decreto è stato senza dubbio lo stanziamento di risorse a fondo perduto per imprese e professionisti. Dei 32 miliardi totali, 11 sono destinati a ristorare le aziende che hanno subito delle perdite. Superato il criterio dei Codici Ateco, per individuare i beneficiari degli aiuti è stata introdotta la discriminante del calo di fatturato. Dagli inizi di aprile, infatti, è partita l’erogazione dei ristori pesati sulla mole d’affari dell’azienda richiedente. Soltanto nel caso in cui il fatturato medio mensile del 2020 sia calato almeno del 30% rispetto al medesimo dato del 2019 si può accedere alla misura. Delle deroghe sono previste per le aziende nate nel 2020. Gli aiuti, altresì, possono essere “riscattati” anche sotto forma di sgravio fiscale.

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Sulla formulazione dei nuovi ristori è insorta – in primis – la categoria dei commercialisti che chiaramente ha avuto una finestra di pochi giorni per gestire le singole istanze dei clienti, dovendo rispondere anche in caso di eventuali errori di calcolo. I commercialisti chiedevano che i dati sul fatturato delle aziende fossero reperiti direttamente dall’Agenzia delle Entrate, sulla scorta degli elementi già in possesso dell’Ente. Sempre in tema di aiuti è stata data maggiore importanza ai settori della montagna, del turismo e della cultura che in precedenza erano stati esautorati dagli aiuti. Ma ad insorgere sono ancora gli operatori del settore agricolo, degli agriturismi e di tutto il comparto della ricettività.

Un altro punto divisivo è quello dello stralcio delle cartelle esattoriali dal 2000 al 2010 fino a € 5000 per redditi inferiori a € 30.000. Draghi non ha usato mezzi termini e ha definito questa scelta con il suo nome, un nome echeggiato più volte anche nei passati governi, ovvero un “condono”. Si tratta di multe e imposte non pagate e ritenute non più esigibili, situazioni incancrenite su cui lo Stato ha evidentemente fallito, dichiarando alla fine la sua incapacità nella riscossione. Soprattutto l’area democratica del nuovo esecutivo ha aspramente criticato questa misura che genererebbe iniquità e andrebbe a penalizzare coloro che hanno sempre pagato.

Importanti sono state anche le misure relative alla legislazione del lavoro. È stata confermata la proroga del blocco dei licenziamenti fino al 30 giugno 2021 per i lavoratori delle aziende che dispongono di CIG ordinaria e CIG straordinaria (soprattutto industria e agricoltura); e al 31 ottobre 2021 per i lavoratori delle aziende coperte da strumenti in deroga (soprattutto del settore terziario). Ma i sindacati già chiedono di prorogare ulteriormente queste scadenze. Delle proroghe sono state previste anche per la CIG (Cassa Integrazione Guadagni), così come richiesto a più riprese dalle associazioni di categoria. Il reddito di emergenza e il reddito di cittadinanza sono stati rifinanziati. Nonostante la condivisa consapevolezza del nuovo Governo delle necessità di modificare alcuni aspetti di queste misure di welfare, le stesse sono state ritenute necessarie per fronteggiare la povertà dilagante, soprattutto in questo momento.

Particolare attenzione è stata prestata agli Enti Locali che sono in prima linea nella lotta contro l’emergenza pandemica e che, a causa delle restrizioni alla circolazione e alle attività private, hanno subito dei notevoli cali di entrate tributarie. Come supporto agli enti territoriali il “dl Sostegni” ha riconosciuto un incremento delle risorse per il ristoro delle minori entrate: 260 milioni per le autonomie speciali e 1 miliardo per gli enti territoriali; un ristoro di 250 milioni di euro per le minori entrate dei Comuni relativi all’imposta di soggiorno; un rimborso delle spese sanitarie sostenute dalle Regioni nel 2020 per l’acquisto di dispositivi individuali e di beni sanitari riguardanti l’emergenza Coronavirus; 800 milioni di euro aggiuntivi destinati al trasporto pubblico locale e il rinvio di alcuni termini, tra cui lo spostamento al 30 aprile (dal 31 marzo) del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali.

Non poteva mancare il capitolo relativo alle misure di carattere sanitario, per fronteggiare l’aumento dei contagi. È stato previsto infatti un ulteriore investimento per vaccini e farmaci anti-Covid-19, la cui spesa prevista è di 2,8 miliardi, nello specifico 2,1 miliardi per l’acquisto di vaccini e 700 milioni per l’acquisto di farmaci. 345 milioni sono stati destinati al coinvolgimento di medici di medicina generale nella campagna vaccinale, oltre a specialisti ambulatoriali, pediatri e medici di continuità assistenziale.

Ma per avere un quadro reale delle ricadute delle nuove misure bisognerà attendere i prossimi mesi. Quello che salta immediatamente all’occhio, però, è la tempistica. Infatti il primo decreto di aiuti del Governo Draghi arriva a distanza di molti mesi dalle chiusure di dicembre 2020-gennaio 2021, una finestra di restrizioni questa che di fatto rimane scoperta da misure di sostegni, visto che siamo ripiombati in una nuova congiuntura negativa. Le nuove misure, infatti, intervengono sull’ultima ondata di chiusure, quelle della terza ondata, che verosimilmente si prolungheranno fino a dopo Pasqua. Ecco perché ci sono in cantiere nuovi interventi. Poi c’è un vulnus relativo alle risorse stanziate. Dalle prime stime effettuate questi sostegni andranno a coprire soltanto il 5% delle perdite complessive delle aziende italiane. Associazioni di categoria come Confartigianato hanno definito come “insufficienti” le risorse stanziate dall’ultimo decreto. Le piazze in rivolta sono un altro indicatore del fatto che forse la montagna abbia veramente partorito.

Di Francesco Gasbarro

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