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Il conflitto tra Russia e Ucraina ha creato dei disequilibri sul piano politico con ricadute anche sull’Italia per quanto riguarda i rincari di gas e petrolio. L’isolamento che l’UE ha dettato contro Putin potrebbe generare effetti negativi anche per l’economia italiana. Andiamo ad analizzare quali sono le principali problematiche.

Rincari in Italia per gas e petrolio, le opportunità perdute

Guardandoci intorno, non c’è una collina, un pezzo di terra esposto al vento che non abbia la sua bella pala eolica che produce energia. E allora ci si domanda: abbiamo accettato lo scempio del paesaggio in cambio di cosa? Adesso lo sappiamo: in cambio di niente! L’incompetenza, la corsa a pochi spiccioli per i privati e altrettanti per far sopravvivere le casse di Comuni non hanno consentito di guardare al futuro. Ci si chiede perché, nonostante questi impianti di produzione di energia, anche i paesi che li ospitano continuano a pagare le bollette come tutti.

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La risposta è semplice. L’energia prodotta viene dirottata verso mercati più remunerativi in mancanza di accordi che prevedessero quote da impiegare in loco o, addirittura, impianti comunali o pubblici per produrre l’energia necessaria al paese. Apparentemente sogni, nella sostanza incapacità da parte di chi aveva ed ha responsabilità pubbliche. Argomento che richiederebbe più tempo e spazio per essere trattato nella sua completezza, soprattutto, per non correre il rischio di fare di tutt’erba un fascio.

I livelli di inquinamento per le aziende

Le aziende possono inquinare comprando dallo Stato permessi di emissione di CO2 chiamati con un l’acronimo ETS: Emissions Trading System. Le grandi aziende possono acquistare “permessi di inquinamento”. Aumenta la produzione e aumenta, di conseguenza, la necessità di maggiori permessi. Gli Stati, per costringere queste aziende a passare a sistemi energetici meno inquinanti, aumentano il costo dei permessi.

Se la dotazione assegnatale finisce ci si rivolge ad altre aziende che o hanno anticipato la conversione a sistemi produttivi meno inquinanti e quindi non hanno utilizzato tutti i loro permessi o hanno avuto una produzione più bassa del previsto e quindi ne hanno in eccesso. Intorno a questa operazione si muove, talvolta, una speculazione che si aggiunge all’aumento del costo imposto dallo Stato.

Il gas dell’Italia è quasi tutto d’importazione

Nonostante la diffusione di questi impianti di fonti di energia pulita, la maggior parte del fabbisogno energetico italiano viene coperto dal gas. Questo è quasi del tutto importato. Basta una primavera più fredda e lunga rispetto al solito, e un’estate altrettanto anomala perché lieviti la domanda di gas, prima per esigenze di riscaldamento e poi per produrre l’energia necessaria per compensare la domanda crescente di elettricità. Il nostro maggior fornitore è la Russia che al momento minaccia di chiudere i rubinetti dopo l’isolamento imposto dall’UE per l’invasione in Ucraina. Problemi politici e una maggiore richiesta da paesi come la Cina e il Giappone hanno rallentato la fornitura a noi necessaria sia pure con un considerevole aumento del prezzo.

L’inflazione e gli aumenti dei costi dei beni

Gli aumenti dei costi di produzione e quelli di trasporto condizionano il prezzo di tutto ciò che consumiamo giornalmente. Gli aumenti che si inseriscono nel paniere famigliare porteranno, alla fine dell’anno, ad una, ipotizzabile, maggiore spesa per ogni famiglia di circa 1.300/1.800 euro. Per evitare che queste maggiori spese cadano solo sulle spalle delle famiglie il Governo, che ha stanziato 1,2 miliardi di euro, ricavi della vendita di ETS, come primo intervento per alleviare la “sofferenza” dei consumatori, sia determinante nel farsi carico di questo problema e chiami a maggiori responsabilità e coinvolgimento sia la Grande Distribuzione che le Società Energetiche che operano sul nostro territorio.

La Spagna l’ha già fatto, noi stiamo ancora parlando del perché abbiamo eletto Mattarella a Presidente della Repubblica e non Cartabia o Casellati o Belloni o Draghi. Faccia sparire, in bolletta, gli oneri non direttamente connessi agli obiettivi di sviluppo ambientale e energetico. Si tratta di voci anacronistiche come i costi relativi allo smantellamento delle centrali nucleari dismesse o quelli a copertura del regime tariffario speciale riconosciuto alla società Rfi per i consumi di elettricità per i servizi ferroviari su rete tradizionale. E’ una crisi, questa, che può essere superata solo muovendosi all’unisono e senza giochi di prestigio che facciano sparire quello che serve ad ogni cittadino, specie ai più deboli, per ritrovarsi con le tasche gonfie di vergogna.

A cura di Antonio Caivano

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