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Si è tenuto lo scorso 11 aprile il convegno “Prevenire le mafie nell’economia. L’esperienza del progetto Consulta della legalità di Verona”. Ha preso parte il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, nel primo ciclo di formazione sulla prevenzione e il contrasto alle mafie e alla corruzione, promosso dalla Camera di Commercio di Verona insieme ad Avviso Pubblico.

La consulta della legalità che studia le mafie nell’economia

Un percorso, durato diversi mesi, e che nel 2020 ha visto nascere, appunto, la Consulta della legalità. Un progetto sperimentale che ha coinvolto gli attori istituzionali, economici, produttivi e sociali del territorio. Con loro è stato sviluppato un ciclo formativo per conoscere e capire le modalità con cui operano le mafie nel territorio veronese. Cinque webinar, con una media di 80 partecipanti per volta e diciassette formatori coinvolti, provenienti dalle categorie produttive, dai sindacati, dal mondo bancario, finanziario e assicurativo, dalle prefetture, dalle forze di polizia, oltre che dalla rete degli Enti locali di Avviso Pubblico, dal mondo universitario e giornalistico.

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Un terreno fertile per la criminalità

«È un’esperienza pilota in Italia – spiega Giuseppe Riello, Presidente della Camera di Commercio di Verona. Con la Consulta, la Camera ha realizzato un percorso formativo, che si è articolato in cinque webinar (su accesso al credito, riciclaggio di capitali illeciti, appalti, agromafie ed ecomafie). «Alla Consulta della Legalità oggi aderiscono rappresentanti delle associazioni di categoria, sindacali, dei consumatori e degli ordini professionali del territorio», spiega ancora Riello che rilancia l’attività della Consulta nei prossimi mesi con la pianificazione di nuovi progetti, vista anche la situazione di fragilità economica che rende «il terreno ancora più fertile per l’infiltrazione della criminalità tra le imprese».

Le mafie permeano l’economia anche a nord

«Inutile girarci intorno – gli fa eco il Presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà – abbiamo la piena consapevolezza del radicamento delle mafie nel territorio veronese. Dobbiamo partire da qui per formulare risposte concrete. Sappiamo che le mafie fanno impresa approfittando sempre di più dell’attuale situazione economica, aggravata ora anche dalla guerra in Ucraina. A tutto questo dobbiamo rispondere con la prevenzione e per fare questo occorre organizzarsi: ad una criminalità organizzata dobbiamo rispondere con una “legalità organizzata”. C’è da ricostruire e a volte costruire una rete che può dare il proprio contributo, partendo dalla conoscenza del fenomeno. Quindi – conclude – leggiamo, studiamo e poi forniamo strumenti concreti agli amministratori e agli operatori economici».

Il vademecum per il mondo produttivo


Da qui nasce il Vademecum pensato per il mondo produttivo veneto e veronese in particolare. È uno strumento di conoscenza e di azione concreta, spiega il Coordinatore di Avviso Pubblico, Pierpaolo Romani. «Si sviluppa su tre assi: capire le mafie, quindi cosa sono e come operano; sapere cosa fare quando si ha a che fare con queste organizzazioni, mettendo a disposizione leggi e strumenti di prevenzione; e per ultimo sapere a chi rivolgersi per evitare di finire nella rete delle mafie o denunciare i tentativi di approccio e coinvolgimento. Ecco perché è necessario adottare un approccio sistemico, basato sul coinvolgimento delle imprese, delle amministrazioni locali, dei sindacati».

Ciascuno è parte della soluzione

Ciascuno è parte della soluzione per il contrasto alle consorterie criminali. Corruzione, racket, usura sono alcune delle modalità con cui le organizzazioni criminali si insinuano nel tessuto economico. «Sono modalità silenziose, non attivano allarme sociale, ma sono comunque pericolose», conclude Romani. E ora si è aperta anche la partita ghiotta dei fondi del PNRR, su cui gli organi investigativi hanno già acceso un faro d’allerta. Le mafie tenteranno di mettere le mani sugli appalti, che saranno finanziati dalla pioggia di miliardi in arrivo.

L’intervento della Lamorgese su mafie e economia


«Registriamo lo sviluppo di un modello criminale capace di maggiore fluidità organizzativa che ha legami col mondo del lavoro e delle imprese. In questo senso stiamo lavorando per evitare che le risorse del PNRR vadano nelle mani sbagliate», chiarisce il ministro dell’Interno Lamorgese. 

«Il fenomeno mafioso è un forte fattore di arretramento del sistema paese. Innanzitutto sotto il profilo economico perché incide sul corretto svolgimento delle dinamiche imprenditoriali e sulla libera concorrenza. E così facendo favorisce il lavoro irregolare e senza tutele. L’ultimo report della DIA, conferma le strategie delle consorterie criminali che mirano ad accrescere le attività nella direzione dell’accumulo di capitali che inquinano l’economia legale».

Beni confiscati e spazi per ricominciare

Ma ad una legislazione all’avanguardia nel contrasto alla criminalità organizzata, lo Stato risponde con l’affiancamento di ulteriori strumenti, come la messa a sistema di tutte le risorse attive sul fronte antimafia. Primo fra tutti, il rafforzamento degli strumenti di prevenzione e contrasto.

«Abbiamo una solida rete di prefetture – spiega ancora il ministro Lamorgese – che si muovono con rapidità nelle situazioni di turbative di ordine pubblico e disagio sociale, che consente alle mafie di ingrossare le proprie fila e incidere sul tessuto economico. Attraverso un protocollo con l’Agenzia per la destinazione dei beni confiscati abbiamo attivato “Spazi per ricominciare”, un progetto per mettere a disposizione i beni confiscati alle mafie in poco tempo. Stiamo rafforzando la collaborazione con ABI per garantire un più facile accesso al credito, puntando sull’Osservatorio nazionale antiracket e antiusura che punta a rafforzare la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti per evitare che i soggetti economici si rivolgano all’usura».

E poi c’è l’attivazione di un organismo interforze per monitorare l’infiltrazione delle mafie nell’economia: un modello a cui l’Europa si ispira in ambito Europol. «Il vero contrasto alle mafie – conclude Lamorgese – deve affondare le radici nella società, nei corpi intermedi e nei comportamenti quotidiani dei singoli cittadini.

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