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Stanno facendo discutere le immagini dei lavoratori sprovvisti di “Green Pass” costretti a pranzare nei parcheggi o negli spazi all’aperto delle aziende. Accade ciò soprattutto nelle multinazionali o nelle piccole imprese che hanno deciso, come propria politica interna, di rendere la certificazione verde obbligatoria nei luoghi di lavoro dove si verifica un maggiore incontro, ovvero nelle mense e negli spogliatoi. Infatti, a livello normativo generale, la vaccinazione non è ancora una discriminante sul luogo di lavoro privato, soltanto che la discussione sta diventando sempre più insistente, parimenti a quella che riguarda il settore pubblico.



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Dal Ministero competente, al momento, non arriva ancora nessuna conferma, ma neanche nessuna smentita. Al ritorno dalle vacanze estive un gran numero di aziende ha deciso di richiedere il requisito del green pass soltanto a coloro che intendono avvalersi del servizio mensa, negli spazi comuni. Questa decisione ha trovato un fondamento “normativo” in una delle FAQ pubblicate dal Ministero del Lavoro, ma chiaramente la sua applicazione ha scatenato le proteste dei sindacati (CGIL, CISL e UIL su tutti) che vedono come discriminante tale modello organizzativo.

Poi ci sono i pareri dei grandi esperti, alcuni dei quali fanno parte anche del Comitato Tecnico Scientifico che poi sarà deputato ad emettere un giudizio. Tra i favorevoli alla vaccinazione obbligatoria sui luoghi di lavoro vi è Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera ha affermato di essere favorevole almeno per ciò che concerne il pubblico impiego e la GDO: “Premesso che questa è una decisione che spetta alla politica, penso che per alcune categorie, dal personale sanitario a quello scolastico, dalle forze dell’ordine alla grande distribuzione, sarebbe saggio e opportuno”.



Contrario invece Guido Forni, già professore ordinario di università di Torino e accademico, che ritiene l’obbligo vaccinale “una soluzione disperata, che al momento sarebbe controproducente e sproporzionata rispetto sia all’andamento della campagna vaccinale sia alla situazione sanitaria”. Forni ritiene “il Green Pass una misura delicata, che crea qualche problema di libertà”. Per questo motivo non ritiene giusto imporre l’obbligo: “Lo troverei sensato solo davanti a una grave recrudescenza della pandemia”.

Tra favorevoli e contrari, alcune aziende hanno deciso di adottare delle misure di compromesso per non discriminare coloro che non posseggono il green pass ma che vogliono comunque avvalersi dei servizi aziendali. Alcune di queste si sono già attivate con “lunch box” o delivery da consumare all’esterno o in appositi spazi. Altre, invece, soprattutto le più piccole, continueranno temporaneamente a seguire le regole del Protocollo di sicurezza: turni, plexiglass, tavoli sanificati e distanziati. Le soluzioni via via trovate, in alcuni casi sono state discusse e condivise con il sindacato. In altri no.

La decisione finale spetterà alla politica, come per tutto d’altronde. Ma sicuramente, anche vedendo la linea che si sta seguendo sul fronte scuola, sicuramente si va verso un inasprimento delle norme da osservare sul luogo di lavoro in linea generale. Sulle nuove direttive peseranno l’andamento della pandemia, ma anche la percentuale di vaccinati sulla popolazione totale. Sindacati, ma anche alcuni lavoratori non vaccinati con al seguito degli agguerriti legali, promettono battaglia.

A cura di Francesco Gasbarro



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