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Nell’Italia che muove verso il digitale a cosa servono le risorse economiche se il capitale umano non è pronto, o peggio, è addirittura assente? È questo il grande interrogativo che siamo costretti a porci in questo momento storico in cui la grande stagione del PNRR è entrata nel vivo. L’Italia sta cercando di rispettare le stringenti scadenze fissate a livello europeo. Per farlo ha bisogno di una pubblica amministrazione snella, efficace e dotata di personale pronto. A ciò si aggiunge la sfida – già in essere da tempo – della digitalizzazione dei servizi al cittadino. Un tema sul quale l’Onorevole Mattia Fantinati, già sottosegretario alla Pubblica Amministrazione, può sicuramente dire la sua.

Il deputato veronese è l’attuale presidente dell’Internet Governance Forum Italia (IGF. L’associazione non profit, multistakeholder opera in tale contesto riprendendo i principi indicati nella Carta dei diritti di Internet,  adottata il 28 luglio 2015 dalla Commissione per i diritti e i doveri in Internet istituita presso la Camera dei deputati. Infatti, l’AgID, l’Agenzia per l’Italia digitale, già nel 2015, su richiesta del Dipartimento della Funzione Pubblica, ha attivato un servizio dedicato a Internet Governance. Questo ha l’obiettivo di promuovere il modello multistakeholder in Italia e il dibattitto sui temi prioritari che riguardano Internet. Il servizio si occupa soprattutto delle tematiche legate alla PA e di come questa può migliorare i processi che sono alla base del rapporto con il cittadino. Per Progetti&Finanza, Fantinati fa un excursus delle misure poste in essere negli ultimi anni e di quelle di cui il Paese necessiterebbe per fare il decisivo salto di qualità.

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1) Qual è lo stato dell’arte nella pubblica amministrazione relativamente agli organici? Quali step deve fare l’Italia verso il digitale?

1) Purtroppo la situazione non è delle più rosee. Già tre anni fa, in qualità di sottosegretario alla Pubblica Amministrazione, feci una ‘fotografia’ dello stato dell’arte. Mi accorsi di come la PA amministrazione sia dotata di grandi professionalità che purtroppo non riescono a sopperire alla carenza degli organici. Se a questo aggiungiamo le nuove esigenze in termini di progettualità e digitalizzazione, allora dobbiamo dire che purtroppo non siamo ancora pronti. Tre anni fa la Pubblica Amministrazione italiana risultava essere tra quelle più anziane d’Europa, per età media del proprio personale. Questo ha delle ricadute in termini di digital divide con le competenze che oggi, soprattutto per i pubblici impiegati, sono di fondamentale importanza. Gli uffici devono essere pronti ad accogliere le istanze dei cittadini, a farlo con tempi brevissimi; per questo servono competenze nuove e preparazione.

2) La digitalizzazione della PA è sicuramente una sfida importante, come siamo messi?

2) Da questo punto di vista il quadro è abbastanza eterogeneo. Ci sono degli enti pubblici e dei territori dove il processo di passaggio al digitale sta avendo degli effetti ben oltre le aspettative. Ma purtroppo ci sono ancora molte aree del paese dove il cambiamento non è stato recepito. Credo che il Governo debba impegnarsi su questo fronte, per non rischiare di creare un’Italia digitale a macchia di leopardo.

È importante che tutti i livelli della pubblica amministrazione prendano in seria considerazione l’importanza della tecnologia, anche e soprattutto gli enti locali che sono quelli che hanno maggiore vicinanza al cittadino. In questa direzione va la grande novità dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), a cui hanno aderito praticamente tutti i Comuni Italiani. Tramite questa piattaforma è stato possibile digitalizzare e smaterializzare quasi tutte le pratiche dell’anagrafe, in ultimo anche quella del cambio di residenza. Sicuramente un ottimo risultato raggiunto, nella speranza che ci siano altre esperienze virtuose di questo tipo da attuare quanto prima, nell’interesse del cittadino, ma anche della stessa PA.

3) A causa della pandemia, lo smart working nella pubblica amministrazione rischia di diventare un fenomeno ‘endemico’. Lei cosa ne pensa?

3) Durante tutta la stagione più dura della pandemia abbiamo potuto garantire dei servizi essenziali proprio attraverso lo smart working. Oggi non mi sento di demonizzare totalmente questo strumento. Piuttosto sarebbe più giusto costruire un sistema integrato che possa implementare i servizi in presenza con l’uso del telelavoro. Personalmente riconosco l’importanza del rapporto umano nei pubblici uffici, ma oggi è necessario anche snellire i front office con nuove modalità operative. Dobbiamo studiare un nuovo modello che possa adeguarci agli standard europei. Chiaramente senza dimenticare i diritti dei lavoratori che spesso passano in secondo piano quando si parla di lavoro agile. Resterà sicuramente un’eredità di questo periodo ma dobbiamo saperne trarre il meglio. Purtroppo in emergenza sono emerse anche le storture di un sistema basato esclusivamente sul rapporto dematerializzato, ripartiamo dalle cose buone.

A cura di Francesco Gasbarro

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