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Carmine Valentino Mosesso ha 27 anni, vive in un piccolo paese dell’Appennino molisano e dopo una laurea in Agraria ha deciso di coltivare la terra e allevare capre. Sta costruendo una fattoria e un piccolo caseificio. Alla cura dei campi e degli animali, affianca un forte impegno civile e politico per il riscatto dei paesi dell’Italia interna e dei territori cosiddetti marginali e sempre centralissimi nella sua poesia.

La storia di Carmine Valentino Mosesso

Non viene da una famiglia di contadini o allevatori, quello che sa lo sta imparando da solo, confrontandosi con chi lo fa prima di lui, segue seminari e laboratori, navigando in rete. Legge tantissimo, narrativa, poesia, soprattutto saggi di antropologia e di sociologia, e quando va al pascolo scrive. Le sue poesie si nutrono di tutto questo, soprattutto del silenzio che il suo lavoro gli regala. “Nella carne del pastore c’è il fieno di luglio,/il sale minerale del vento e della pioggia,/il ferro dentro al sangue è allenato / per passare dalla mano al bastone./Per fare il pastore devi avere la statura dei giganti /e delle formiche, devi saper prendere la montagna sulle gambe,/e reggerla tutto il giorno negli occhi./Il pastore ha scelto la voce delle cose/più che le parole degli uomini, ha scelto il vento,/un altro modo di abitare il tempo.”

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La poesia per dar voce ai paesi

Leggere le poesie de La terza geografia è come ritrovare nel passato e nella tradizione le linee guida per il futuro. Carmine Valentino Mosesso dà voce ai piccoli paesi, al confronto tra questi e una natura che si fa grembo e, proprio per questo, va rispettata. Rispettata non solo per uno slancio ecologico, quanto perché senza di essa noi non saremmo niente. La nostra storia come nazione, come popolo, parte proprio dal confronto tra i piccoli paesi e la natura, da una cultura contadina e pastorale capace di trovare il sacro nel poco, in un paesaggio che è capace di curare. “I paesi si salveranno/e salveranno anche gli uomini e le donne/che ci sono dentro/e intorno, a Nord, a Sud, al centro./Come non lo saprà nessuno,/faranno come hanno sempre fatto:/una mela in due, un fil di ferro,/e la sorpresa del miracolo.”

Il concetto di “restanza”

Le parole del libro dicono questo, raccontano di un’interruzione: un mondo legato alla terra, alle stagioni, al fare delle mani, improvvisamente cancellato e messo ai margini dall’industrializzazione, e mai sostituito da un modello di mondo che ne segnasse un’evoluzione e fosse di fatto sostenibile per il pianeta. Il poeta ha ben chiaro cosa significhi vivere in un piccolo paese ai giorni nostri, per lui la “restanza” (citando l’antropologo Vito Teti) è ciò che ognuno dovrebbe fare: restare ma con gli occhi dell’erranza, di un viaggiatore capace di guardare anche il noto con occhi che sanno sorprendersi. I paesi non sono ai margini della modernità, soprattutto chi li vive deve smettere di sentirsi solo o isolato. Chi decide di vivere in paese, lo sposa, prendendosi le difficoltà ma anche le opportunità, nel bene e nel male.

Mosesso e l’ecologia dell’essere

La terra e il paesaggio sono la memoria del nostro passaggio, ed è qui che dobbiamo scorgere le opportunità e gli errori da evitare. “Pensa un poco alle tue ossa/e a quelle che dormono nell’erba./Appoggia il viso sul cuscino di una pietra,/annusa il verme, il sasso./Ogni figlio è figlio tuo,/ogni ingiustizia, ogni radice./Siamo terra che respira nella vita,/e nel respiro della terra oltre la vita.” Nella sinossi del libro si parla di una nuova “ecologia dell’essere”, un ripensamento a partire dalle cose semplici, come è semplice e immediata la scrittura usata: non c’è bisogno di paroloni difficili per evocare il silenzio di un vicolo, la forza di una montagna, la grandezza del pane.

Ciò che sorprende del libro è una specie di senso pratico che lo attraversa; non danno l’impressione di essere parole soltanto evocative: chi le ha scritte fa, agisce, costruisce, si impegna in qualcosa in cui crede fermamente. E non è un caso che Carmine Valentino Mosesso sia consigliere comunale e impegnato direttamente in proposte e attività legate alla comunità. Tra le varie iniziative quella delle Arnie Narranti, vecchie arnie che contengono libri da condividere sparse per il paese, oppure l’acquisto di un mulino comunale in cui gli abitanti possono portare il grano prodotto nei loro territori, oltre al lavoro divulgativo che fa con le scuole attraverso la fattoria didattica.

A cura di Giorgio Tera

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