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Franco Arminio è un poeta sui generis. Attraverso i suoi libri ha sempre raccontato un’Italia diversa, un’Italia dimenticata, un’Italia che subisce la piaga dello spopolamento e della crisi senza tempo. Sono le aree interne del paese da cui si dovrebbe ripartire per rimettere l’uomo al centro, dopo una lunga stagione capitalistica che ha visto tutti correre freneticamente verso il profitto e i grandi centri. E inevitabilmente fallire. Studi sull’amore è l’ultima raccolta di poesie del paesologo di Bisaccia (AV), un libro uscito in un periodo particolare in cui tra guerre e pandemie l’amore sembra aver perso il modo di raggiungere l’uomo. Nell’intervista per Progetti & Finanza lo stesso Arminio spiega i contenuti del suo libro.

Franco Arminio, che senso ha parlare di amore oggi?

Contro la miseria spirituale che è il grande male di quest’epoca l’amore è quanto mai prezioso. L’amore è l’unico antidoto che conosciamo contro la morte. Non intendo il consumismo sessuale, ma proprio il principio spirituale che è alla base dell’amore. Nella nostra società troppe volte abbiamo applicato le regole del consumo anche all’amore, sbagliando. Attualmente quando si parla d’amore, nel senso proprio del termine, sembra quasi di parlare di una cosa antiquata. Ma niente è più attuale di questo concetto, al giorno d’oggi.

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“Studi d’amore” è un atto d’amore anche verso i borghi, quale ruolo possono giocare le aree interne oggi?

Possono giocare un ruolo importante, ma purtroppo oggi non ci sono buoni segnali. Soprattutto a causa dello spopolamento e della mancanza di lavoro. Ma credo che in un futuro prossimo questa tendenza si invertirà perché c’è comunque bisogno di questi luoghi. Secondo me i borghi delle aree interne non moriranno, perché i fatti attuali ci insegnano quanto sia necessaria la terra. E questi luoghi sono pieni di terreni da coltivare che possono portare ricchezza all’intero paese. Nonostante questo in Italia non c’è ancora la convinzione necessaria da parte della politica di occuparsi di questi luoghi, anche perché sono popolati da pochi elettori. Anche la pandemia è stata una grande occasione sprecata in questo senso.

Stiamo vivendo in periodo complesso, per le varie tensioni internazionali: quale può essere il ruolo della poesia?

La poesia è come una stretta di mano. Una volta l’arte doveva rompere, invece adesso che è tutto rotto ha il compito di ricucire. Anche di consolare, attraverso la lettura. È una visione nuova della poesia, in quanto prima era vista come una lingua per ‘specialisti’. Io penso che la poesia vada portata a tutti, senza banalizzare. Deve essere un qualcosa di fraterno, per costruire una nuova fiducia tra la gente, contro il cantiere della sfiducia che quotidianamente continua a prendersi troppo spazio nelle nostre vite. Per me oggi la poesia dovrebbe mettersi al capezzale del mondo, anche perché la politica e la religione sono in affanno.

A cura di Francesco Gasbarro

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