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Riforma del catasto, è davvero necessaria? “Il catasto è l’inventario di tutti i beni immobili, siano essi terreni o fabbricati, appartenenti a soggetti privati e pubblici, esistenti sul territorio dello Stato. Tra i beni sono comprese anche le superficie occupate da strade ed acque. Esso assolve a funzioni fiscali, ma è essenziale anche per fini civilistici. E anche per dirimere controversie, per l’attuazione delle politiche economiche fiscali e per la tutela ambientale”.

A cosa serve il catasto? E perché serve una riforma?

La registrazione dei fabbricati e terreni consente di controllare i cambiamenti che avvengono sul territorio nazionale. Parlando delle costruzioni, ad esempio, ogni unità immobiliare, iscritta al catasto, riporta una sua precisa destinazione d’uso e una rendita catastale. Tale valore viene, poi, utilizzato per il calcolo di alcune specifiche imposte (es. Imu). Con la riforma del catasto si andrebbe a modificare un impianto normativo risalente al 1939. Tale riforma prevede, tra l’altro, modifiche che interesserebbero il valore patrimoniale degli immobili e/o terreni che comporterebbe, secondo una parte dei parlamentari, un “ingiusto” aumento dell’imposizione fiscale.

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La riforma del catasto in una complessiva riforma del fisco in Italia

E’ necessario sottolineare che questa azione del Governo si inserisce in una complessiva revisione del fisco in Italia richiesta da tutti i parlamentari. La riforma prevede l’aggiornamento degli archivi degli immobili attualmente non censiti, di quelli che non rientrano più nella categoria catastale inizialmente a loro assegnata o che nel tempo hanno cambiato destinazione d’uso. Si mira, inoltre, a identificare i terreni edificabili classificati erroneamente come agricoli. Questo perché il valore immobiliare dei primi è superiore e quindi anche l’imposizione fiscale è diversa. Ma, soprattutto, si punta a individuare e a classificare tutti gli immobili abusivi presenti in Italia.

La mancanza di imposte su immobili non censiti

L’aggiornamento degli archivi catastali andrebbe quindi a contrastare la totale mancanza di imposte sugli immobili non censiti, oltre a fornire una mappatura circostanziata delle costruzioni abusive presenti nel nostro paese, che sono ancora moltissime. Secondo le stime di Istat (Istituto Nazionale di Statistica) in Italia, nel 2020, circa un quinto delle costruzioni erano abusive. La riforma prevede anche l’attribuzione, per ogni unità immobiliare, del relativo valore patrimoniale e di una rendita attualizzata in base ai valori di mercato.

Gli estimi del catasto urbano, cioè la valutazione del valore dei beni immobili e delle relative rendite, su cui si calcolano poi le imposte da pagare, non sono stati toccati da tanto tempo. Questo significa che le tasse sugli immobili, al momento, non sono calcolate su quelli che sono i reali valori di mercato. E’ facile scoprire così che, con l’attuale impostazione, chi possiede un immobile di prestigio in zone di pregio della città, paga tasse inferiori o poco più alte di chi possiede una casa di nuova costruzione in periferia.

Gli emendamenti sul testo normativo

Ma noi che siamo specialisti nel fare e disfare, nel dire e non dire, nel dare un colpo al cerchio e uno alla botte e chi più ne ha più ne metta, alla lettera “a” comma 2 del decreto di legge che dovrebbe riguardare questa riforma, infatti, si afferma chiaramente che “l’aggiornamento di tali informazioni non dovrà essere utilizzato per la determinazione della base imponibile dei tributi”. Così tutto questo can-can servirebbe solo come aggiornamento statistico e, per quanto riguarda il calcolo delle imposte, si continuerebbe a usare i valori attuali. Ciò nonostante e pur avendo loro (politici) chiesto la riforma e scritto il contenuto del decreto legge non si fidano.

Pagare le tasse è giusto e doveroso, in maniera proporzionata alle disponibilità di ognuno, per ricevere in cambio i servizi necessari. Se le tasse non le pagano tutti o chi le paga lo fa in maniera sproporzionata vuol dire che sta succedendo qualcosa di ingiusto per tutto il Paese.

A cura di Antonio Caivano

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