Advertisement

Sebbene non sia ancora stata approvata in via definitiva, la nuova Legge di Bilancio 2023 sta facendo tirare un sospiro di sollievo ai tanti forfettari Partite Iva che si trovano nell’indecisione tra il restare nel regime agevolato oppure passare a quello ordinario. Nel testo circolato fino a ora, infatti, è contenuta la conferma della Flat Tax al 15% per gli autonomi, già esistente, ma con un’aggiustatura. La soglia di ricavi o compensi che permettono il forfait sale da 65 mila a 85 mila euro. Considerato che oggi tre partite iva su cinque sono forfettarie, l’innalzamento del tetto del fatturato a 85mila euro potrebbe risolvere il dilemma a quasi un milione di italiani.

Partite Iva, buone notizie per i forfettari

Per coloro che erano stati costretti a passare al regime ordinario negli anni scorsi, con questo innalzamento della soglia si profila dunque la possibilità di rientrare in quello forfettario. Un’opzione allettante ma che nasconde alcuni rischi, non sempre così evidenti, che è necessario valutare. «Questo passaggio inverso potrebbe non essere del tutto indolore – spiega Roberto Scurto, Partitaiva24 -. Molti contribuenti che nel 2022 sono attualmente in regime ordinario devono valutare attentamente con il proprio consulente di fiducia il passaggio al regime forfettario nel 2023. Sono in pochi a conoscere infatti che l’iva detratta negli anni in cui si è stati in contabilità semplificata o ordinaria spesso va in parte restituita all’erario in sede di passaggio». 

Advertisement

La rettifica Iva sui beni, novità per le partite iva dei forfettari

La normativa impone infatti di effettuare opportune rettifiche a sfavore di tutti quei beni e servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati al 31/12/2022. Questo sempre se dal 1 Gennaio 2023 si vuole aderire al regime forfettario, regime nel quale l’iva diventa del tutto indetraibile. In altre parole, la rettifica iva deve essere eseguita sui beni strumentali non del tutto ammortizzati al 31/12/2022, rimanenze di magazzino e servizi non ancora utilizzati. Rispetto ai beni ammortizzabili (macchinari ed attrezzature per esempio) la rettifica va eseguita soltanto se non sono trascorsi i 4 anni successivi a quelli della loro entrata in funzione. Ai fini della rettifica però, non si tiene conto di quei beni che hanno avuto un costo inferiore a € 516,46 e che vengono ammortizzati solitamente in un anno.

Il versamento dell’IVA sugli acquisti

«Altro aspetto da non tralasciare – aggiunge Scurto – sono la mole di acquisti di servizi che si è soliti fare da fornitori stranieri. Se infatti abbiamo un’attività di e-commerce, per esempio, tutte le fatture emesse da aziende europee come Amazon, Google, Facebook ecc comporteranno per il contribuente forfettario il versamento dell’iva in Italia su tutte le fatture ricevute in cui viene riportata la dicitura reverse charge o inversione contabile». In altre parole se ricevessimo una fattura da Google per 1000 euro, il giorno 16 del mese successivo dovremmo versare in Italia 220 euro di iva su tale servizio ricevuto.

L’entrata in vigore delle nuove regole

Le nuove regole, che partiranno dal 1 gennaio 2023, prevedono un’altra novità significativa: il limite di “sforamento“ a 100mila euro. In pratica, chi sceglie il regime forfettario al 15% lo vedrà applicato fino agli 85 mila euro, ma se supererà i 100 mila euro, sarà immediatamente ricollocato nel regime ordinario, già in corso d’anno. 

Comunicato Stampa

Sfoglia il magazine di Progetti & Finanza

Advertisement