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“Vorrei che riaprisse tutto, ma mi interrogo sulle reali possibilità che questo avvenga. Attualmente ci sono tante proposte per la riapertura, dettate dall’entusiasmo delle esperienze europee di Liverpool e Barcellona. C’è da dire che al momento non è operativo un protocollo specifico per tutte le tipologie gli eventi e, forse, c’è una differenza nell’educazione civica delle persone.”



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Sergio Cerruti, Presidente AFI, Associazione Fonografici Italiani, è cauto sull’argomento discoteche ed eventi estivi. Cerruti è uno storico produttore discografico e disc jockey italiano. Dal 2019 ricopre la carica di Vicepresidente di Confindustria Cultura Italia e dal 2020 è anche Presidente del Gruppo Media, Comunicazione e Spettacolo di Assolombarda.

“Già lo scorso anno in un’intervista a Libero dichiarai che le discoteche non andavano riaperte. Sarebbe stato meglio tenere tutto chiuso dall’inizio, invece di chiudere il 14 agosto.”, ricorda oggi quando gli chiediamo cosa pensa delle riaperture. Colpa della gente che si è ammassata, lo abbiamo visto nelle immagini dei telegiornali dello scorso anno, di una pandemia che ci ha fatto lo sgambetto quando credevamo di essercela ormai lasciata alle spalle: non si può negare che l’estate 2020 sia stato anche il tempo dei viveur che si sono riuniti nei locali di grido della Sardegna, riportando sulle prime pagine il temuto Coronavirus, che si credeva morto e sepolto con l’inverno. I focolai, invece, erano dietro l’angolo, inattesi e terribili, poi la seconda ondata autunnale e poi la terza. Quest’anno il nostro asso nella manica sono i vaccini, ma forse non è ancora abbastanza.



“Quasi sicuramente non faremo in tempo ad avere l’immunità di gregge entro luglio: ci saranno ancora i giovani che si sentiranno invincibili e avranno, giustamente voglia di ballare, ma lo potremo fare davvero? Mi rendo conto che si deve pensare di riaprire per tempo, eppure il rischio c’è ed è grande. Se io fossi un legislatore e fossi responsabile della salute di milioni di persone, probabilmente ci penserei a lungo prima di disporre della riaperture che potrebbero generare dei focolai.”, sottolinea con grande pragmatismo Sergio Cerruti, che afferma: “I teatri riaprono, i cinema riaprono, con pubblico contingentato, con l’attenzione massima alle distanze. Ma la spesa vale l’impresa? Quanti riapriranno davvero e quanti non ce la faranno? Dobbiamo chiedercelo perché il settore degli eventi è un settore al collasso: molto spesso, ad esempio, non possiamo permetterci di organizzare gli eventi sapendo che il pubblico pagante sarà dimezzato.”.

In queste condizioni, quindi, pensare di programmare una stagione estiva per le discoteche e gli eventi sembra molto arduo. All’aperto il pericolo di contagio appare molto ridotto, tuttavia il rischio esiste. E il “rischio calcolato” di cui parlano i governanti pare impossibile da applicare al settore discoteche e concerti. “Si potrebbero fare tamponi a tappeto, come nell’esperimento di Barcellona, allora avrebbe un senso, ma puntare sull’autocertificazione no:
basta una persona che dichiara il falso a trasformare una serata di divertimento in una pericolosa occasione di trasmissione del virus. Dobbiamo fare tutti i conti con la cultura italiana: è solo il Governo incapace, oppure siamo noi italiani refrattari alle regole? Penso che la verità sia nel mezzo.”, spiega Cerruti, che sottolinea: “Abbiamo un Governo che punta sul Cashback e sulla Lotteria degli Scontrini, per dare 150 euro a chi registra una carta di pagamento, e poi lascia gli imprenditori in serissime difficoltà, con ristori ridicoli rispetto ai fatturati degli anni passati. Tutto questo è assurdo per un imprenditore. Gli italiani in genere si sono comportati bene, poi non manca qualche personaggio particolarmente creativo che non rispetta le regole e finisce in prima pagina perché fa più notizia del cittadino per bene che porta la mascherina e disinfetta le mani, attenendosi alle disposizioni del Governo.”.

Non ha remore nel dichiararsi preoccupato sul futuro del settore, Sergio Cerruti: “Io da italiano mi sforzo di pensare positivo, se guardo i dati, però, non posso nascondere la mia preoccupazione. I soldi per i ristori non ci sono, siamo fortemente indebitati e la pressione fiscale diventa insostenibile. Vedo difficile trovare un modo per disinnescare la rabbia sociale: i ristori non bastano e la gente è sempre più sofferente. I giovani sostengono di aver perso un anno di vita per colpa del virus, e li capisco, ma se hai un morto in famiglia la visione cambia completamente.”. Il comportamento di ognuno di noi è fondamentale e, in particolare, vale per tutti quei giovani che si sono dimostrati irresponsabili, hanno finito per contrarre il virus e contagiare gli adulti. Un grande invito alla responsabilità, dunque, è quello che arriva da proprio da colui che ha sempre sostenuto che la musica lo sveglia e lo fa andare avanti, che è il mezzo migliore per esprimersi e relazionarsi con le persone. Ora è il tempo di riflettere seriamente prima di agire, per il bene comune.

A cura di Maria Pia Romano



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