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La normativa originaria sul “bonus 110” contenuta nel D.L. n. 34/20 poi convertito con la legge n. 77/20 non prevedeva la possibilità di godere delle agevolazione fiscali denominate “superbonus 110%” in caso di interi edifici in comunione. Ciò era spiegato dalla circolare 24/20 dell’Agenzia delle Entrate la quale chiariva che il beneficio non spettava per interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate di un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà fra più soggetti.



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Di recente con la legge finanziaria per il 2021 è stata introdotta la possibilità di intervenire su edifici non condominiali composti da 2 a 4 unità abitative con una novella all’art 119 del citato “Decreto rilancio”. Veniva dunque introdotta con la legge 30 dicembre 2020 n. 178 una nuova formulazione del comma 9 lettera a) del citato art. 119 che prevede ora oltre alle vecchie ipotesi anche “gli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche”.



La volontà del legislatore è quindi stata chiara: estendere i noti benefici del decreto rilancio anche a tutte quelle situazioni in cui l’edificio composto da più immobili sia un’unica proprietà di un unico soggetto o anche di più soggetti tra loro in comunione. E’ il caso non infrequente in cui l’intero stabile composto da più appartamenti si di proprietà di una coppia di coniugi o di una compagine di eredi che rimane in comunione indivisa. La novella introdotta dalla finanziaria per il 2021 (Legge 178/20) denota una particolare attenzione alla proprietà edilizia familiare, lontana dai grandi centri urbani dove prevalgono i condomini con numerosi appartamenti, e comunque alle situazioni proprietarie più piccole che fino a questo momento erano rimasti ingiustificatamente escluse. Dalla novella legislativa conseguono due considerazioni, una sul piano civilistico e l’altra sotto l’aspetto fiscale In ambito civilistico va rilevato che mentre nel citato Decreto legge n. 34/20, come convertito dalla legge n. 77/20, vi è una regolamentazione organica delle modalità di formazione della volontà condominiale di eseguire gli interventi agevolati, nulla invece si dice sulla formazione della volontà all’interno delle comunioni ordinarie da poco ammesse al beneficio.

Nel silenzio della norma agevolativa ci dobbiamo pertanto rifare al Codice civile il quale all’art. 1108 fissa le regole della maggioranza all’interno di qualsivoglia comunione ordinaria. “Art. 1108 c.c. Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa. Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all’interesse di alcuno dei partecipanti…” Il Codice civile, quindi, prevede che la maggioranza possa imporre la propria volontà di fare i lavori ai comproprietari restii. Per la sua formazione sono richiesti i due terzi delle quote di proprietà. La norma però prevede una salvaguardia per i dissenzienti dinanzi a spese gravose o ad innovazioni che pregiudichino i loro interessi (ad esempio che li privino del godimento di una parte del bene in comunione). Per scongiurare dette ipotesi la maggioranza dovrebbe quindi assicurarsi che, eseguiti i lavori, il godimento del bene rimanga immutato da parte di tutti i partecipanti alla comunione; inoltre l’approvazione dei lavori va condizionata alla loro gratuità, come di fatto concesso dalla disciplina agevolativa dell’ecosisma bonus.

Detta gratuità inoltre non deve essere assoluta in quanto il codice pone il limite della spesa eccessivamente gravosa. Da ciò consegue che la maggioranza potrebbe vincolare i dissenzienti a sostenere delle modeste spese propedeutiche ai lavori quali ad esempio lo studio di fattibilità. Sul piano pratico occorre pertanto indire una riunione dei comproprietari, anche sulla falsariga delle assemblee condominiali, e redigere un apposito verbale di riunione che stabilisca quanto sopra. Relativamente alle modalità di convocazione queste sono chiarite nella sottonotata sentenza: “L’assemblea dei partecipanti alla comunione ordinaria, diversamente da quanto stabilito per il condominio degli edifici, è validamente costituita mediante qualsiasi forma di convocazione purché idonea allo scopo, in quanto gli artt. 1105 e 1108 c.c. non prevedono l’assolvimento di particolari formalità, menzionando semplicemente la preventiva conoscenza dell’ordine del giorno e la decisione a maggioranza dei partecipanti.”

“Cass. civ. Sez. II Sent., 12/12/2017, n. 29747 Quanto al trattamento fiscale dei lavori su stabili in comunione, nel silenzio della norma occorre rifarsi alla disciplina già affrontata nel caso di comproprietà di un singolo immobile in condominio; la cosa è molto frequente in quanto è il caso di un appartamento in condominio posseduto da una coppia di coniugi in regime di comunione legale oppure di un appartamento in condominio rimasto in proprietà a dei coeredi. L’Agenzia delle entrate per detti casi ha chiarito nelle linee guida (Circ. 24/2020 al punto 1.2) che la detrazione, così come lo sconto in fattura o la cessione del credito, (ovvero le tre modalità di fruizione dell’agevolazione) spetta a chi tra i familiari sostiene le spese, a prescindere dalla quota di proprietà dell’immobile.

Requisito essenziale è il possesso o comunque la detenzione dell’immobile da parte di colui che sostiene l’intervento. In parole semplici può farsi carico della questione fiscale anche un solo comproprietario. In tal modo si rende irrilevante ai fini del beneficio fiscale il coinvolgimento nell’intervento di tutti i comproprietari dell’immobile potendo attivare il beneficio anche un singolo che però: partecipi al possesso dell’immobile (cioè non ne sia di fatto escluso dal godimento) sul piano anche solo formale, sostenga le spese dell’intervento. La ratio di tale interpretazione certamente non restrittiva trova origine nel dettato normativo che fissa il limite economico dell’intervento sulla base del numero di unità immobiliari coinvolte e non sulla base del numero di comproprietari del singolo immobile. Il principio di cui sopra ben può essere così esteso anche al nuovo caso, consentito dalla citata novella legislativa, in cui il proprietario o i comproprietari posseggono non un solo appartamento in condominio ma tutto lo stabile composto da distinte unità immobiliari nel limite da 2 a 4. In conclusione, la novella amplia sicuramente la platea dei possibili beneficiari dei bonus fiscali e, ponendo un occhio di riguardo alle strutture di proprietà familiare, rende la disciplina più aderente alla realtà del tessuto edilizio nazionale.

A cura dell’avv. Dario Gucci



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