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Da due anni a questa parte l’intera classe politica si interroga sull’efficacia dello strumento del Reddito di Cittadinanza (RDC), voluto dal Governo Giallo verde nel primo mandato del premier Conte. Se da un lato la misura di sostegno al reddito ha aiutato alcune famiglie in difficoltà, c’è tutto un campionario di casi di furbetti che hanno approfittato di questo assegno mensile. Per avere un punto di vista privilegiato sul tema abbiamo intervistato un navigator, ossia uno di quei tremila tutor assunti dall’ANPAL Servizi per supportare gli operatori dei Centri per l’Impiego nella realizzazione di un percorso che coinvolga i beneficiari del Reddito di Cittadinanza. Sergio Izzi (38 anni) racconta la sua esperienza al fianco dei beneficiari RDC della Puglia e, senza mezzi termini, elogia la misura, pur riconoscendone i limiti.

Infatti, in questi due anni Sergio ha avuto modo di conoscere il mercato del lavoro e capire pregi e difetti del Reddito di Cittadinanza. Il suo superamento non è stato mai del tutto scongiurato, oggi a maggior ragione il tema è tornato in auge perché il Covid ha messo ulteriormente a dura prova il tessuto sociale e quindi la politica vorrebbe dirottare queste risorse. Attualmente sarebbero più di 2,8 milioni le persone che ricevono l’assegno mensile, una misura che ha stravolto il sistema delle politiche del welfare in Italia.

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Ma si tratta di una forzatura improntata all’assistenzialismo o una misura necessaria per lenire le sofferenze della pandemia? Sergio Izzi non ha dubbi. “Non voglio fare l’avvocato difensore del RDC, ma chi pensa che i beneficiari siano dei nullafacenti, che preferiscono ricevere l’assegno piuttosto che andare a lavorare, si sbaglia di grosso. La maggior parte degli assegni – spiega Izzi sulle colonne di Progetti & Finanza – si attesta sui 580 Euro di media, a cui vanno sottratti gli importi garantiti per gli affitti o i mutui. Sono persone con un grado di istruzione bassissimo e con un’età già avanzata. In ragione di ciò queste persone si ritrovano con pochi spiccioli in tasca, non è pensabile che preferiscano il reddito al lavoro. Vi assicuro che la gente ha ancora voglia di lavorare, non è vero che il reddito abbia fatto rilassare chi era alla ricerca di un impiego. Bisogna piuttosto interrogarsi su quanto sia dignitosa l’offerta di lavoro che c’è in giro, in termini di diritti, compensi e ore lavorative”.

Non è tutto oro quel che luccica, chiaramente c’è sempre un rovescio della medaglia. A partire dal fenomeno del lavoro nero in concomitanza con la percezione del sostegno economico, fino ad arrivare ai furbetti che lo percepiscono pur non avendone diritto, magari facendo una vita tra lussi e sfarzi. “Ma se vengono scoperti questi casi vuol dire che i controlli funzionano” – sottolinea il nostro intervistato – “non possiamo pensare di rimuovere uno strumento utile, in virtù del fatto che esistano alcuni casi limite. Altrimenti dovremmo rimuovere anche le pensioni di invalidità per tutti i falsi invalidi che ci sono. Piuttosto bisogna continuare con i controlli per garantire equità”.

Sullo sfondo c’è un contesto nazionale che ha visto aumentare i beneficiari durante la pandemia. Eppure, con la diminuzione dei contagi le aziende hanno aumentato le commesse, l’economia si è rimessa in moto e quindi questo vuol dire per forza di cose nuove possibilità di impiego, soprattutto nel settore dei servizi e del turismo. Sono queste le realtà imprenditoriali che hanno attinto in maniera importante dalle liste di reclutamento dei centri per l’impiego. In Puglia, nella Regione dove opera Sergio Izzi, sono le aziende di trasformazione dei prodotti agricoli che hanno aggiunto in organico ex percettori. Alcuni numeri, riportati dal nostro intervistato, testimoniano un certo fermento:

“Con un’azienda del territorio ci eravamo accordati per l’assunzione di 400 unità da reperire nei mesi estivi, ebbene – spiega Izzi – siamo riusciti a trovarle in una sola settimana, a testimonianza di quanta buona volontà ci sia da parte dei lavoratori. Potremmo fare molto di più, è vero, ma attualmente siamo soltanto tre navigator in un territorio con 3000 beneficiari”. Poi ci sono i Comuni che, seppur in ritardo rispetto alla tabella di marcia, hanno avviato dei Progetti di Utilità Collettiva (PUC) con ricadute positive sui territori che si esplicano in lavori socialmente utili, dalla gestione degli spazi comuni agli interventi nel verde pubblico.

Le storie belle ci sono e vanno raccontate: “Alcuni percettori, a causa di alcune problematiche di salute, su diposizione dell’INPS, avevano la possibilità di non sottoscrivere il Patto per il Lavoro e percepire comunque l’assegno. Hanno deciso comunque di prendere parte ai progetti di inserimento lavorativo, a testimonianza del fatto che il lavoro sia vita ma soprattutto dignità”. Per il futuro Izzi si augura che anche i detrattori del RDC si convincano dell’efficacia della misura: “Le stesse persone che oggi lo criticano appartengono a quella classe politica che ha letteralmente smantellato il sistema dei centri per l’impiego e che oggi pretende un repentino cambio di passo. Certo, servono delle migliorie a partire dall’interscambio dei dati su scala nazionale tra le piattaforme informatiche, fino ad arrivare alla formazione attiva sulle reali necessità delle aziende; ma con il tempo tante cose potranno essere perfezionate sulla base delle esperienze avute in questi anni”.

A cura di Francesco Gasbarro

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