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Il Reddito di Cittadinanza (RDC) è diventato nuovo terreno della contesa politica, in un momento storico in cui si intravede una timida ripresa economica dopo la pandemia. Da una parte ci sono il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico, già da tempo in trincea rispetto alla paventata possibilità che l’assegno mensile possa essere abolito; poi c’è la destra che ne chiede il definitivo superamento e l’assegnazione delle relative risorse a politiche attive del lavoro che creino occupazione. Mentre l’ex premier Giuseppe Conte, nuovo leader pentastellato, si erge a massimo difensore del Reddito di Cittadinanza risulta interessante il parere di un’altra forza che compone l’attuale e variegata maggioranza del Governo Draghi, quella Lega che durante l’esecutivo Giallo-Verde aveva avviato, tre anni fa, il percorso di una misura che ha certamente stravolto il sistema del welfare italiano.



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Per approfondire il punto di vista del ‘Carroccio’ abbiamo intervistato l’onorevole Paolo Tiramani (38 anni, Lega) componente della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati e sindaco di Borgosesia (VC), nonché imprenditore del settore delle pulizie. I suoi incarichi hanno tutti dei collegamenti, a vario titolo, con il mondo del lavoro e quindi il suo parere restituisce un’analisi lucida e attinente sui temi del Reddito di Cittadinanza. In linea con l’idea del suo partito, Tiramani più che criticare la misura in sé, sottolinea la mancata attuazione di alcuni suoi aspetti fondativi da cui appunto ne scaturirebbe l’attuale inefficacia.

“In passato il centrosinistra aveva dato vita al REI (ndr. Reddito di Inclusione) come prima misura di contrasto alla povertà a carattere universale. Questa misura – evidenza l’onorevole Paolo Tiramani ai microfoni di Progetti & Finanza – risultava essere più snella e funzionale soprattutto per gli Enti pubblici che potevano facilmente impiegare i percettori per lavori di pubblica utilità. Io sono tra quelli che all’epoca aveva votato convintamente il Reddito di Cittadinanza perché come era stato presentato poteva avere un senso, seguendo quello che doveva essere il modello tedesco. Ma a distanza di alcuni anni dalla sua entrata in vigore è sotto gli occhi di tutti che il RDC sia rimasto soltanto un sussidio permanente che non porta a nessuna forma di lavoro vero”.



Ad essere venuta meno sarebbe la cosiddetta ‘fase 2’, quella dell’affrancamento dall’assegno mensile e dell’inserimento (o reinserimento) nel mondo del lavoro. Per fare questo servirebbero maggiore funzionalità per tutti i centri per l’impiego, un sistema di interscambio tra le banche dati con un maggiore ruolo attivo dei navigator e politiche di formazione, in risposta alla crescente domanda di manodopera specializzata. “Tanti sono gli aspetti da migliorare – evidenzia Tiramani – partendo dai navigator, 3000 persone assunte il cui operato fino ad ora è stato impalpabile. Le agenzie del lavoro, nonostante tutto, continuano a non funzionare e, se non si individuano i correttivi, ritengo che dopo tre anni si possa cominciare a ragionare sul definitivo superamento del Reddito di Cittadinanza”.

Con molta onestà l’intervistato riconosce che, in tempi di pandemia e di crescenti difficoltà economiche, la misura di sostegno al reddito e di contrasto alla povertà, sia stata comunque necessaria a lenire i disagi dei nuclei più esposti. “Ma in un’ottica di auspicata ripresa economica qualcosa deve cambiare – secondo Tiramani – perché adesso le imprese cercano manodopera, anche ben retribuita, ma nessuno vuole più andare a lavorare perché c’è il ‘salvagente’ del Reddito di Cittadinanza”. Allo stato attuale, il Reddito di Cittadinanza sta provando ad entrare nella sua fase matura, ovvero quella dell’attuazione dei PUC (Progetti di Utilità Collettiva) da attuare nell’ambito degli enti locali. È un tema molto caro a Tiramani perché da anni amministra un Comune della provincia di Vercelli dove, così come in tanti centri d’Italia, il personale non è mai abbastanza per gestire tutti gli aspetti della cosa pubblica.

“Con lo strumento del Rei – riporta l’esponente leghista – riuscivamo più facilmente ad impiegare i percettori in progetti di utilità pubblica, con il Reddito di Cittadinanza tutto questo diventa più complicato, a causa di tanti ostacoli posti dalla burocrazia e dalla normativa sulla privacy che non consentono di disporre delle liste con i nominativi. Mancano dei decreti attuativi chiara e ancora una volta si tratta di un’opportunità persa per dare un senso alla misura”.

Con lo sguardo rivolto al futuro ogni politica attiva del lavoro deve per forza interfacciarsi al PNRR e alle sue finalità. Per la prima volta da molti anni a questa parte ci sono tante risorse da spendere, che però sono ben vincolate ad alcuni obiettivi tematici da perseguire. È un’opportunità senza precedenti per creare posti di lavoro in settori innovativi, ma chiaramente tutto questo dovrà andare di pari passo con la pianificazione delle misure di welfare che andranno fatte con risorse proprie dello Stato. Non è chiaro se il Governo Draghi stia pensando di superare il RDC, ma l’onorevole Tiramani non ha dubbi: “Spero che l’attuale esecutivo intervenga subito, vanno creati nuovi posti di lavoro, per dare un futuro solido al nostro Paese”.

A cura di Francesco Gasbarro



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